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Viderint quid de hoc alii exopinissent; ego si mentior, genios vestros iratos habeam.
(Petronio, Satyricon)

Nelle poche ore trascorse negli edifici della Titanus Film non ho avuto modo di sapere cosa precisamente sia Lon Chaney Jr. Dicono sia un uomo lupo, un licantropo, un lupo mannaro; nonostante il nostro lungo incontro, mi chiedo tuttora quando si manifestino le proprietà dell’uomo e quando quelle del lupo. E ancora: quali siano quelle dell’uomo e quali quelle del lupo.
Nelle sue sembianze umane, mi è sembrato sommamente animale: una folta peluria bruna gli ricopriva le dita, il dorso delle mani, le sopracciglia; aveva gli occhi lustri e sinistri e il volto congelato in un grugno canino, col labbro superiore scoperto a disvelare una perfetta dentatura da predatore.
Nel corso dell’intervista che tenemmo quel giorno, mi rivelò di non ricordarsi nulla della trasformazione. “Vede, è la stessa cosa che mi capita quando sono sul set cinematografico: mi dimentico di star recitando e così…”.
Così… mi sono state riferite due storie diverse su questo mostro esemplare. La prima storia vuole che Lon Chaney Jr. abbia un fratello gemello che ha recitato spesso in sua vece, Maurice Chaney. In tutto simile a Lon, Maurice avrebbe interpretato la parte di Larry Talbot nel film The wolf man (1941) e in film successivi poi attribuiti a Lon Chaney Jr. Il lupo ucciso a bastonate sarebbe, invece, Lon Chaney jr. La vedova del leggendario Lon Chaney, l’uomo dai mille volti, avrebbe versato migliaia di dollari ad uno zoo italiano perché tenesse il lupo in gabbia e, fedele ai ferrei dettami dello spettacolo, gli consentisse di esibirsi ogni giorno. Le morti sospette di un truccatore e di una segretaria di edizione durante le riprese di Indestructible man (1956) convinsero la madre a nascondere il figlio in uno zoo tra le colline, dall’altra parte del mondo. Secondo questa versione, dunque, la persona che intervistai non era Lon Chaney jr. ma suo fratello Maurice.

La seconda storia mi è stata raccontata dal vecchio autista responsabile del trasporto della troupe cinematografica alla guida di un autobus smarmittante, i cui vetri erano neri e che trasportava, oltre noi due, una grassa e annoiata segretaria di edizione. Quest’uomo, ben noto nei bassifondi della città, mi ha detto che la storia di Lon Chaney non è che una messinscena organizzata dalla casa di produzione per incrementare gli incassi. Lon Chaney jr., povero lui, trascorre i suoi giorni tra le residenze in una clinica pischiatrica per curare una depressione maggiore e vecchi copioni nei teatri di piccole città del Sudamerica.
“Il papà, il grande Lon Chaney, è morto prima di dirigere il figlio sul set. Pensate voi che tragedia” concluse l’uomo prima che scendessi dal bus. E recitò questi versi:

Anche un omo de core puro
che prega ogni notte il Signore
può diventare lupo
se la strozzalupi è in fiore
e la luna d’autunno fa luce (1)

***

L’intervista si consumò in modi e tempi inaspettati. Lon Chaney jr. rispondeva alle mie domande con un lieve cenno del capo oppure restava in silenzio a fissare la parete alle mie spalle. Teneva bene in mostra il dorso della mano stretta attorno al capo di un elegante bastone; sul dorso s’era tatuato un pentacolo. Gli parlavo del folklore slavo e di quelle credenze secondo cui il nato nei dodici giorni tra il Natale e l’Epifania, così come il nato con la camicia, hanno il potere di diventare lupi mannari. Sembrava sentirmi appena, ma notai le mani villose che quasi soffocavano il bastone. Quando gli chiesi perché, secondo lui, i lupi mannari che secoli fa combattevano contro streghe e stregoni nel cinema venissero considerati dei mostri, Lon Chaney jr. avviciniò la sua testa leonina alla mia. Sentiì il fiato caldo della bestia sul volto. Poi sorrise, mostrando i lunghi canini e se ne andò. “Devo fare la pipì” disse “Buona fortuna per il suo servizio”. Morì qualche mese dopo.
Mrs. Chaney rifiutò di rendere pubbliche le cause delle morte. La reticenza e il silenzio sono virtù di famiglia: me ne tornai a casa come il visitatore che, trovata la sepoltura dell’immenso Lon Chaney al Forest Lawn Memorial Park Cemetery, California, si chiede perché la tomba sia rimasta innominata. L’uomo dai mille volti scelse, come ultima maschera, il silenzio di un’urna bianca; suo figlio il silenzio di Groton, lo zombie muto e mad che interpretò in Dracula vs. Frankestein.

(1 ) Ho poi scoperto in seguito trattasi di una libera traduzione di questi versi

Even a man who is pure in heart/ and says his prayers by night
may become a wolf when the wolfbane blooms
and the autumn moon is bright

attribuiti a Curt Siodmak, ma che, come dice l’autore nella sua autobiografia, gli furono recitati da una cartomante slava in trance durante le riprese di Her Jungle Love (1938) a Palm Springs.

Simone U. Capozzi